Commento del 1° trimestre 2022
Dall’inizio dell’anno, e fino al 24 febbraio, la principale fonte di preoccupazione per i mercati finanziari è stata l’inflazione. La crisi sanitaria sembra essere ora relegata in secondo piano. L’ultima ondata di contagi che ha colpito i paesi occidentali a partire da novembre 2021, si è rivelata massiccia nella sua portata ma limitata nelle sue conseguenze. All’inizio dell’anno, nonostante la reintroduzione o l’inasprimento delle norme sanitarie in molti paesi, l’attività economica è rimasta soddisfacente. Per quanto riguarda l’inflazione, la tendenza è ancora in salita. A fine trimestre, l’indice dei prezzi al consumo ha raggiunto l’8,5% negli Stati Uniti e il 7,5% in Europa. Sostenuta da un mercato del lavoro molto solido, la domanda è rimasta forte. L’offerta è ancora ostacolata da strozzature nelle filiere, conseguenza della crisi sanitaria. Elementi strutturali come il rincaro dei costi per l’energia stanno aumentando la pressione sui prezzi al consumo.
L’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo avvenuta il 24 febbraio ha provocato un grande shock, un violento aumento della volatilità e un forte calo dei mercati. Da allora, la principale preoccupazione dei mercati finanziari è stata ovviamente incentrata sull’evoluzione di questo conflitto e sulle sue conseguenze economiche. Il nervosismo ha continuato ad aleggiare anche a marzo. Ciononostante, lo svolgimento di discussioni tra i belligeranti ha fatto sperare in una risoluzione di questo conflitto e ha portato a un calo della volatilità verso la fine del trimestre, ancora su livelli piuttosto elevati nonostante tutto.
La guerra in Ucraina e le massicce sanzioni imposte dall’Occidente alla Russia contribuiranno ad aggravare le tensioni sulle catene di produzione già ampiamente sconvolte dalla crisi sanitaria e aggiungeranno ulteriore pressione sui prezzi dell’energia e delle materie prime. Di fronte a questa situazione, e nonostante le conseguenze negative sulla possibile crescita, le banche centrali continuano a inasprire i toni. La Federal Reserve americana ha deciso di aumentare i tassi di riferimento di 25 pb e i mercati si aspettano ulteriori rialzi di 200 pb nel corso dell’anno. Anche altre banche centrali come la Bank of England o la Bank of Canada hanno avviato un ciclo di rialzo dei tassi. La BCE ha anche lasciato percepire un imminente inasprimento delle condizioni monetarie.
In tale contesto, nel corso del primo trimestre i tassi hanno proseguito la loro tendenza al rialzo. I rendimenti a 10 anni statunitensi e tedeschi sono aumentati rispettivamente di 85 e 75 pb chiudendo il trimestre al 2,35% e allo 0,55%, livelli massimi da oltre 3 anni.
Questa crisi geopolitica e le contestuali strette monetarie hanno naturalmente pesato sui mercati azionari. Nel trimestre, i mercati azionari europei sono scesi del 10% mentre quelli statunitensi hanno registrato un calo più contenuto (5%). Questa sottoperformance dei mercati europei è spiegata dal significativo coinvolgimento economico dell’Europa con Russia e Ucraina e anche dalla fortissima dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia. Questo contesto sfavorevole per l’Europa si riflette anche nel calo dell’euro nei confronti del dollaro, che è così sceso nel periodo da 1,1370 a 1,0870.
In questo trimestre i nostri due fondi azionari hanno sofferto dell’aumento dei tassi di interesse e delle prese di profitto nei settori della tecnologia, del lusso, del software e dei semiconduttori, che sono i nostri principali investimenti. Abbiamo fatto il punto della situazione con 60 società in portafoglio e le loro prospettive di crescita, ordini e margini sono ancora molto ben orientati e rassicuranti nonostante il contesto.
MW Actions Europe è in calo del 16,75% e MW Multicaps del 16,11%.
Cyril Deblaye